Ecobonus e sismabonus a rischio. L’allarme di Rete Irene

Nei giorni scorsi è stato lanciato un allarme da Rete Irene, Rete di Imprese per la Riqualificazione Energetica degli Edifici. L’ecobonus e il sismabonus sono a rischio, sebbene da poco i Ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente abbiano presentato la nuova Strategia energetica nazionale (Sen), riaffermando l’importanza dell’efficienza energetica nel settore residenziale.
Una strategia in linea con i nuovi incentivi a favore della riqualificazione energetica profonda (ecobonus) e del miglioramento strutturale (sismabonus) degli edifici condominiali introdotti dal 1° Gennaio 2017, che prevedono la facoltà per tutti i beneficiari di cedere le detrazioni ad altri soggetti capienti. Si tratta di un semplice dettaglio che però è in grado di rimuovere alla radice l’incertezza congenita delle detrazioni fiscali, che dipende dalla mutevole situazione soggettiva dei beneficiari.

Tuttavia questa opportunità rischia di essere vanificata da un emendamento che proviene dal Ministero dell’Economia,che mira a restringere la facoltà di cessione ai soli contribuenti appartenenti alla no tax area (reddito annuo inferiore a circa 8 mila euro).

Per Rete Irene l’emendamento presenta alcuni aspetti pessimi per l’incisività del meccanismo incentivante:
• abolisce la facoltà di detrazione per tutti, introdotta dal 1° gennaio 2017 sia per l’ecobonus per condomini (art. 14, comma 2-quater del D.L. n. 63/2013) sia per il sismabonus per condomini (art. 16, comma 1-quinquies del medesimo D.L.), mantenendola esclusivamente a favore dei soli incapienti totali come già era in vigore, senza successo, dal 2016
• è cancellata la facoltà di ulteriore cessione
• la condizione di incapienza totale deve essere presente nell’anno precedente a quello di sostenimento delle spese: di conseguenza chi diventa incapiente in seguito non potrà usufruire della cessione.
La detrazione ceduta, spiega la Rete, sarebbe fruibile dal cessionario esclusivamente in compensazione di imposte e contributi in 10 quote uguali annuali, così come già definito dall’Agenzia delle entrate per il 2016. L’unico miglioramento rispetto al meccanismo già in vigore l’anno scorso è che la cessione può essere fatta a favore di soggetti privati diversi dalle imprese che hanno eseguito i lavori (limitazione che, insieme a quella relativa alla no tax area è il motivo dell’insuccesso del provvedimento). È scomparso anche il divieto di cessione agli istituti di credito e agli intermediari finanziari ma, da quanto si può intendere dalle parole di chi ha presentato l’emendamento, è dubbia la reale disponibilità del Governo ad avallare questa possibilità.

“Bisogna essere assolutamente chiari sul fatto che si tratta di un clamoroso passo indietro rispetto all’apertura del Governo di soli pochi mesi fa, che rende del tutto inefficace la soluzione del problema dell’incapienza fiscale, che è di importanza strategica. È del tutto evidente che non basta dare una risposta alla no tax area. Trascurare la ben più vasta area di coloro che non vi appartengono al momento del sostenimento della spesa ma che vi potrebbero rientrare negli anni successivi, o che comunque non hanno prospettive certe di reddito tali da assorbire in tutto o in parte le detrazioni significa non risolvere affatto il problema dell’incertezza e rinunciare alla potenzialità di stimolo del provvedimento. La conseguenza pratica è che sui progetti (e sono tantissimi) che oggi sono fermi in attesa di disposizioni dell’Agenzia delle entrate che consentano di dare applicazione alla norma introdotta dalla Legge di Bilancio, sarà messa una pietra tombale. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una possibile decisione che va ad impattare in maniera fortemente negativa sullo sviluppo economico e sociale del Paese Italia. Questa decisione, se verrà assunta, avrà la responsabilità politica ed economica di un successivo ed ulteriore immobilismo del settore di riferimento, nonostante quanto di buono fatto a fine anno scorso. Non è accettabile che non si dia spazio, sviluppo e sostegno ad un settore in grado rilanciare l’economia dell’intero sistema. Chiedere regole precise ed avere i confini nell’ambito dei quali potersi organizzare e muovere è il minimo a cui poter ambire: almeno ottenere il minimo per far si che le Imprese e le Industrie continuino a poter operare, arrangiandosi, nel sistema Italia. L’appello che oggi lanciamo alle Istituzioni tutte è quello di valutare con attenzione e di sostenere un settore con grandi prospettive e con uno sviluppo estremamente importante, senza commettere nuovi errori e senza indugiare ulteriormente” – ha commentato Manuel Castoldi, Presidente di RETE IRENE.

In merito alla questione, Rete Irene sollecita un ripensamento e auspica “che le istituzioni e le associazioni che hanno a cuore lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente si uniscano a questo appello.”

Via : reteirene.it, ingegneri.info

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