Legittimo l’abbattimento di barriere architettoniche anche per immobili tutelati, ma a quali condizioni?

L’Avvocato Stefano Maria Sisto, Cultore di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi “A. Moro” di Bari segnala la sentenza del 14.1.2020, n. 355 con la quale il Consiglio di Stato, Sez. II, si è pronunciato sull’abbattimento delle barriere architettoniche di immobili di interesse storico e architettonico.

Di seguito riportiamo i punti principali e alleghiamo il testo integrale della sentenza:

1.“(…) l’Amministrazione comunale sostiene un principio alquanto paradossale, ossia che se è in passato intervenuto un provvedimento di diniego di costruire un determinato manufatto e se tale atto non è stato impugnato, risulterebbe tout court precluso l’accertamento di conformità per chi successivamente, e malgrado il diniego, abbia realizzato abusivamente lo stesso manufatto.

La sanatoria per così dire ‘ordinaria, ossia quella disciplinata all’epoca dei fatti di causa dall’anzidetto art. 13 della l. n. 47 del 1985 e, attualmente, dall’art. 36 del t.u. approvato con d.P.R. n. 380 del 2001 (…) costituisce infatti lo strumento tipico per ordinariamente ricondurre alla legalità gli abusi edilizi, e la sua utilizzazione non può che essere consentita a chiunque abbia edificato sine titulo, anche a prescindere dalla pregressa sua mancata impugnazione di provvedimenti di diniego a costruire l’opera abusiva, purché ovviamente seguitino a sussistere al riguardo le condizioni inderogabilmente chieste dalla disciplina medesima, ossia sotto il profilo sostanziale la c.d. ‘doppia conformità’ (e cioè la rispondenza di quanto edificato alla strumentazione urbanistica vigente sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria, sia al momento della realizzazione dell’abuso: cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. II, 13 giugno 2019, n. 3958) nonché sotto il profilo procedimentale (…) la non ancora intervenuta irrogazione delle sanzioni amministrative previste per la realizzazione dell’abuso”.

2.“Va opportunamente premesso in proposito che, come anche affermato ad esempio da Cass. civ., Sez. II, 28 marzo 2017, n. 7938, la speciale disciplina di favore contenuta nella l. 9 gennaio 1989, n. 13, si applica anche a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie.

Tale legge infatti, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie di invalidità devono essere assunti dall’intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali (…)”.

3.“In conseguenza di ciò, per le disposizioni contenute nella testé citata l. n. 13 del 1989 si impone ‘un’interpretazione estensiva, nel senso appena visto’ (cfr. sulpunto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824).

Va rimarcato inoltre che, in particolare, secondo l’art. 4 della legge stessa, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previsti dall’art. 2 della legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate nel senso descritto, si possono effettuare anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione, come previsto dal comma 4 di tale articolo, ‘può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato’, precisandosi quindi al comma 5 che ‘il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall’interessato’.

Si è in tal modo introdotto nell’ordinamento, in ordine ai peculiari valori presidiati dalla legge in esame (…) un onere di motivazione particolarmente intenso, e ciò in quanto l’interesse alla protezione della persona svantaggiata può soccombere di fronte alla tutela del patrimonio artistico, a sua volta promanante dall’art. 9 Cost., soltanto in casi eccezionali (…)”.

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