Progetto Amber: un atlante delle barriere esistenti sui fiumi europei

Adaptive Management of Barriers in European Rivers (AMBER) è il progetto europeo nato con l’obiettivo di sviluppare metodologie per la gestione adattativa delle barriere presenti lungo i fiumi europei con lo scopo di riabilitare in modo efficiente la connettività e il funzionamento degli ecosistemi fluviali tenendo conto della complessità e dei compromessi imposti dalla presenza delle barriere. Poiché il reale numero di barriere esistenti lungo i fiumi europei è al momento sconosciuto e di conseguenza lo è il loro impatto, uno dei principali obiettivi di AMBER è di realizzare un atlante delle barriere esistenti sui fiumi di tutta Europa.

Secondo il gruppo di ricerca Natural Resources Manangement partner del progetto AMBER coordinato dal professore Andrea Castelletti del Politecnico di Milano:

È doveroso fare una premessa su ciò che si intende per barriera: per molti (anche scienziati) il termine “barriera” rimanda a qualcosa di molto grosso e il pensiero va alle grandi opere strutturali, in particolare alle grandi dighe. In realtà, anche piccoli sbarramenti costituiscono un’interruzione al naturale scorrimento dell’acqua e di quanto l’acqua porta con sé: sedimenti, nutrienti e organismi. Nel progetto Amber vogliamo ricostruire il reale impatto sui fiumi europei anche di queste barriere minori” – asserisce il professore Castelletti. “Ed è proprio qui che nasce la difficoltà della mappatura di questi elementi, in quanto non trattandosi di grandi opere la conoscenza è spesso scarsa anche a livello locale”

Gli obiettivi del progetto Amber sono essenzialmente tre: il primo corrisponde a creare un primo inventario delle barriere fluviali. Attualmente il numero di barriere presenti sui fiumi Europei è sconosciuto ed è un’informazione di enorme valore per pianificare in modo efficiente dalla scala Europea e nazionale a quella regionale e locale l’utilizzo delle nostre risorse naturali”- asserisce il professore Castelletti ed aggiunge l’ingegnere Bizzi “mentre le grandi opere costituiscono opere più semplicemente identificabili, le piccole infrastrutture non sempre sono note ed identificate a grande scala, mentre il loro impatto cumulativo è sicuramente significativo sui processi di bacino. Per questo motivo, il Progetto Amber da un lato genererà un ATLAS aggiornato integrando i vari database esistenti a livello europeo a scala nazionale. In questo aspetto tra le nazioni partecipanti primeggiano per qualità di dati esistenti sistematizzati a scala nazionale Svezia, Francia e Svizzera. L’Italia presenta un database a scala nazionale accurato solo per le dighe maggiori e l’informazione sugli sbarramenti minori è gestita a livello regionale con grandi differenze tra regione e regione. Al fine di verificare la qualità delle informazioni esistenti il progetto AMBER percorrerà a piedi più di 1000 km di fiumi in Europa mappando le barriere esistenti. Questa informazione verrà utilizzata per comprendere la qualità dell’informazione esistente al confronto con il reale grado di antropizzazione dei fiumi europei.”

Il secondo obbiettivo del progetto AMBER è creare strumenti per la valutazione degli impatti prodotti dai diversi tipi di sbarramenti fluviali. “Un gruppo di studio analizza l’alterazione del regime idrico, altri l’alterazione della connettività dei sedimenti attraverso modelli che simulano il tragitto dei sedimenti a scala di bacino dalla sorgente alla zona di deposito finale confrontando scenario con e senza sbarramenti. Infine altri gruppi ancora studiano l’alterazione sulla connettività ittica e sulla mobilità dei microorganismi necessari per una buona qualità ambientale prodotti da diversi tipologie di sbarramenti.”.
Infine, l’ultimo obiettivo e quello di creare sistemi di supporto alla gestione: “si mira a creare strumenti capaci di confrontare scenari alternativi di gestione ai fine di supportare le decisioni. Per esempio, quale sbarramenti rimuovere per primi, dove costruirne di nuovi, come operare quelli esistenti al fine di diminuire l’impatto sull’ecosistema. La maggiore parte delle opere esistenti, soprattutto quelle maggiori, ha un’età prossima alla sua vita nominale pertanto si pone un quesito di non semplice soluzione: è più conveniente operare interventi di manutenzione straordinaria oppure rimuovere, ma quest’ultima opzione come si riflette sul contesto ambientale in cui è collocata?”.

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