Realizzazione di piscina in zona agricola: i concetti di “pertinenza” e di “opera di nuova costruzione” e conseguente necessità di presentare la S.C.I.A. o ottenere il permesso di costruire

Con la sentenza n. 3730 del 9 settembre 2020 la Terza Sezione del T.A.R. Napoli si è pronunciata sul ricorso presentato da un privato avverso il provvedimento del Comune di San Sebastiano al Vesuvio con cui è stato dato riscontro negativo alla SCIA presentata dal primo in alternativa al permesso di costruire con il quale era stata comunicato un intervento “da eseguirsi nell’immobile di proprietà sito in territorio comunale (…), consistente nella modifica dei prospetti dell’edificio correlata all’installazione di una piscina fuori terra su di un lotto di terreno in zona agricola, appoggiata al suolo e a carattere pertinenziale rispetto all’immobile”. Il privato, in particolare, ha sostenuto che la piscina fosse da ritenere una pertinenza e, pertanto, realizzabile anche in zona agricola.

Il ricorrente ha ritenuto che tale intervento fosse riconducibile alla ristrutturazione edilizia di cui all’art. 10, comma 1, lett. c) del Testo Unico dell’Edilizia e non alla “nuova costruzione” di cui alla lett. e) dello stesso articolo e comma e quindi realizzabile per il tramite di una semplice SCIA “sostituiva del permesso di costruire, in quanto la piscina non avrebbe superato il limite del venti per cento rispetto alla volumetria dell’immobile di cui rappresentava pertinenza”.

Il Comune, con il provvedimento oggetto di impugnazione, ha al contrario ritenuto che “si tratterebbe di opera di nuova costruzione, comunque non pertinenziale all’edifico, senza possibilità che sul punto si sia formato un silenzio assenso, comunque ricadente in zona “E-Agricola” del P.R.G. vigente destinata agli usi agricoli e pertanto non compatibile con l’uso turistico – ricettivo richiesto”.

Di seguito si riportano i punti principali della sentenza.

“Il ricorrente ha richiesto una SCIA alternativa al permesso di costruire disciplinata dal comma 1 dell’art. 23 TUED: “In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante segnalazione certificata di inizio di attività: a) gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c).” Questi ultimi sono “gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso nonche’ gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”. Alla disciplina dell’art. 10 va aggiunta quella dell’art. 3 TUED sugli “interventi edilizi”.

Oltre a quelli del comma 1 lett. d), che riguarda specificamente gli interventi di ristrutturazione edilizia, è necessario considerare la lett. e), sugli “interventi di nuova costruzione“, che sono “quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:

-e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6)”.

La lett. e.6) annovera tra gli interventi di nuova costruzione:

– gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”.

Pertanto, ragionando a contrario, sono da annoverare tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, e quindi nel perimetro applicativo dell’art. 10 co. 1 lett. c) TUED, realizzabili con SCIA alternativa al permesso di costruire, gli interventi pertinenziali che comportino la realizzazione di un volume NON superiore al 20% del volume dell’edificio principale. (…)

Si tratta di stabilire da un lato se la piscina che il ricorrente intende costruire previa SCIA in luogo del permesso di costruire sia un intervento di ristrutturazione edilizia per le ragioni sopra esposte, in quanto volumetricamente compatibile con il disposto normativo, dall’altro se sia o meno una pertinenza.

Il venir meno di uno solo di questi due requisiti comporta l’inapplicabilità della disciplina sopra richiamata, in quanto la lett. e.6) dell’art. 3 TUED riguarda comunque opere di tipo “pertinenziale”.

Un’opera volumetricamente corretta ma non pertinenziale non può essere considerata alla stregua di un intervento di ristrutturazione edilizia, assentibile con SCIA in luogo del permesso di costruire.

In ragione di quanto detto, risulta dirimente, ai fini del decidere, il rigetto del secondo motivo relativo alla natura non pertinenziale della piscina in questione.

La giurisprudenza amministrativa è pacificamente orientata nel definire la nozione di “pertinenza urbanistica” in senso più ristretto rispetto a quella civilistica (art. 817 c.c.).

La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile solo ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, ma non anche ad opere che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioè, che non ne risulti possibile una diversa destinazione economica. Invero, la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussiste un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce.

Inoltre, a differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta carico urbanistico, proprio in quanto esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale con l’edificio principale. (…)

Con riguardo alle piscine, questa Sezione ha recentemente ribadito che esse non sono pertinenze in senso urbanistico in quanto comportanti trasformazione durevole del territorio.

L’aspetto funzionale relativo all’uso del manufatto è altresì condiviso da altra recente giurisprudenza, secondo cui tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio a cui accede.

La piscina, infatti, a differenza di altri manufatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all’uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione, e postula, pertanto, il previo rilascio dell’idoneo titolo ad aedificandum, costituito dal permesso di costruire.

13.2. Va precisato che le piccole o grandi dimensioni non sono sempre dirimenti ai fini della ascrivibilità o meno di un manufatto alla categoria delle pertinenze (…).  

Pertanto, va considerato sempre l’aspetto funzionale, sicchè così come non può dirsi che un manufatto di grande volume non è una pertinenza (lo esclude la norma stessa), parimenti non si può automaticamente associare la dimensione “modesta” alla natura pertinenziale.

Detto diversamente, la dimensione più o meno ampia del manufatto va valutata in ragione di detta funzionalità a prescindere dal rapporto tra i volumi (…).

Inoltre, nel caso delle piscine, è evidente che la valutazione dell’ampiezza tiene conto soprattutto della superficie visibile, non del volume, nonché delle attrezzature di contorno e quindi dell’uso più o meno autonomo che di essa possa farsene”.

Nel caso di specie, i giudici amministrativi hanno affermato che “le suddette considerazioni valgono ad escludere che la piscina oggetto della SCIA (…) possa essere considerata alla stregua di opera pertinenziale. Ciò in quanto di dimensioni per nulla modeste (118 mq con una altezza di 1,60 m), suscettibile di autonoma utilizzazione rispetto alla struttura cui accede poiché non vi è alcun collegamento funzionale tra una piscina e un bar ristorante, quale quello presente nell’edificio di proprietà del (…), nel senso che il bar può esistere senza la piscina, e la piscina può esistere senza bar, e l’utilità che essi possono reciprocamente scambiarsi non è di tipo oggettivo ma soggettivo, a discrezione del proprietario, che potrebbe benissimo destinarla all’uso personale o della sua famiglia. (…) In tutto, l’apparato piscina occupa oltre 200 mq di terreno agricolo, e a prescindere dalla circostanza che il d.l. 9/82, all’art. 7 co. 2, consenta le opere pertinenziali in aree agricole, resta il fatto che non si ravvisa, nel caso di specie, alcun nesso di pertinenzialità in senso funzionale”.

Sulla base di tali motivazioni il T.A.R. ha respinto il ricorso presentato dal privato dando ragione al Comune.

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3 comments

  1. Buongiorno, ho letto il vostro articolo “Realizzazione di piscina in zona agricola”, vorrei avere delle delucidazioni. Io avrei intenzione di costruire una piscina sportiva in zona agricola, è possibile? Non riesco a trovare articoli riguardanti questo mio quesito.

    Cordiali Saluti
    Tommaso Rea

  2. Se volete fare le cose per bene dovete chiedere consulenza ad uno studio legale specializzato in diritto amministrativo, pagando il dovuto.

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